I Dieci comandamenti sono un insieme di principi biblici relativi e svolgono un ruolo fondamentale nell’ebraismo e nel cristianesimo
I Dieci Comandamenti, noti anche come decalogo, sono un insieme di principi etici e religiosi fondamentali per l’ebraismo e il cristianesimo. In ebraico sono chiamati “asseret hadibrot“, che significa “le dieci enunciazioni” o “le dieci parole“. Questi principi, secondo la tradizione biblica, furono rivelati a Mosè direttamente da Dio sul monte Sinai e inscritti su due tavole di pietra, le Tavole della Legge, che furono poi conservate nell’Arca dell’Alleanza.
Il racconto del Libro dell’Esodo, nella Torah, descrive come queste leggi siano state scritte «dal dito stesso di Dio» sulle tavole di pietra. Tuttavia, un’altra tradizione biblica attribuisce la scrittura delle tavole allo stesso Mosè. Entrambe le versioni fanno parte della tradizione religiosa che attribuisce ai Dieci Comandamenti un valore centrale nel contesto dell’alleanza tra Dio e il popolo d’Israele.
L’egittologa e archeologa francese Christiane Desroches Noblecourt, scomparsa nel 2011, aveva evidenziato una possibile connessione tra i Dieci Comandamenti e il periodo delle piramidi in Egitto. Secondo i suoi studi, esistono similitudini tra alcuni comandamenti e la “confessione negativa” dei Testi delle Piramidi, un antico testo funerario egizio risalente a circa mille anni prima di Mosè. In particolare, il terzo e gli ultimi cinque comandamenti mostrano somiglianze con questa confessione negativa, mentre i primi, il secondo e il quarto riflettono l’essenza del monoteismo ebraico.
L’ebraismo celebra annualmente il momento in cui, secondo la tradizione, furono consegnate le tavole della legge. Questo evento viene ricordato durante la festa di Shavuot, che commemora la rivelazione della Torah e l’alleanza tra Dio e il popolo d’Israele.
Narrazione biblica
La narrazione biblica della rivelazione al Monte Sinai inizia nel libro dell’Esodo, al capitolo 19, quando il popolo d’Israele giunge presso il monte, conosciuto anche come Horeb. Dopo tre giorni di accampamento, una mattina “vi furono tuoni e fulmini, la cima del monte era avvolta da nubi e si udì il suono di trombe“. Gli Israeliti si radunarono ai piedi del monte, mentre il Signore si manifestava su di esso. Mosè salì fino alla sommità per comprendere cosa stesse accadendo e, dopo l’incontro con Dio, tornò portando con sé le tavole della Legge, che mostrò al popolo.
I dibattiti tra studiosi moderni si concentrano su un punto fondamentale: se i diece comandamenti siano stati comunicati direttamente da Dio al popolo d’Israele o se Mosè sia stato il mediatore della rivelazione. Il testo biblico afferma che il popolo ebbe paura di quanto stava accadendo, ma Mosè li rassicurò. Il giorno seguente, gli Israeliti accettarono e si impegnarono a obbedire alla parola del Signore. A quel punto, Mosè guidò un gruppo di persone selezionate, tra cui Aronne, Nadab, Abiu e settanta anziani, fino a un punto specifico del monte dove si era sancita l’alleanza tra Dio e il suo popolo. Si racconta che questi anziani “videro il Dio d’Israele” seduto su un trono di zaffiro.
Il Signore ordinò a Mosè di salire nuovamente sul monte, dicendogli: “Sali verso di me sul monte e rimani lassù: io ti darò le tavole di pietra, la legge e i comandamenti che io ho scritto per istruirli.” Mosè obbedì e salì accompagnato da Giosuè, suo aiutante. Il monte rimase coperto da nubi per sei giorni consecutivi, e al settimo giorno Mosè entrò nelle nubi, dove rimase per quaranta giorni e quaranta notti.
Quando Mosè tornò dal popolo, disse: “Il Signore mi diede le due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il Signore vi aveva dette sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell’assemblea“. Tuttavia, prima del suo ritorno, gli Israeliti, temendo che Mosè fosse morto poiché non lo vedevano tornare, chiesero ad Aronne di fabbricare un idolo per loro. Aronne costruì un vitello d’oro, e il popolo iniziò ad adorarlo.
Dopo quaranta giorni, Mosè scese dal monte con le tavole della Legge. Quando giunse nei pressi dell’accampamento e vide il vitello d’oro e le danze idolatre, si adirò e gettò a terra le tavole, spezzandole ai piedi del monte. In seguito agli eventi descritti nei capitoli 32 e 33 dell’Esodo, il Signore disse a Mosè: “Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzato.” Il Signore scrisse nuovamente i dieci comandamenti sulle nuove tavole, e queste vennero poi poste nell’Arca dell’Alleanza, dove sarebbero rimaste come testimonianza dell’alleanza tra Dio e il suo popolo.
Il testo originale
Il termine “Decalogo” deriva dalla traduzione greca dei “Settanta“, che utilizza l’espressione “dèka lògoi“, traducibile come “dieci parole“. Questa espressione ha dato origine al termine comunemente usato per indicare i Dieci Comandamenti. Tuttavia, il numero delle ingiunzioni contenute nel testo non è esattamente dieci. Infatti, i comandamenti si trovano in due libri della Bibbia, l’Esodo e il Deuteronomio, e le versioni presenti in questi due testi presentano delle differenze. Queste discrepanze hanno portato a una diversa suddivisione dei comandamenti nelle varie tradizioni religiose.
Dal punto di vista redazionale, il Decalogo è giunto a noi in due forme distinte. In origine, probabilmente si trattava di formule molto brevi, che nel corso del tempo sono state ampliate e modificate, dando origine alle differenze tra i due testi. Sebbene il testo originale ebraico sia alla base dei Dieci Comandamenti per le tre grandi religioni monoteiste (Ebraismo, Cristianesimo e Islam), ogni tradizione li ha interpretati in maniera differente, e vi sono differenze anche all’interno delle singole religioni.
Il testo biblico non fornisce una numerazione dei comandamenti. Inoltre, l’originale ebraico non presenta né punteggiatura né divisioni in capoversi, elementi che sono stati aggiunti successivamente per facilitare la lettura e la comprensione. La suddivisione in versetti, ad esempio, è stata introdotta nel secondo millennio del cristianesimo, a scopo redazionale, per agevolare la ricerca e la citazione delle scritture.
Un esempio della versione del Decalogo contenuta nell’Esodo (20,2-17) inizia con la dichiarazione: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti fece uscire dalla terra d’Egitto, dalla casa degli schiavi“. Segue una serie di ingiunzioni che vietano l’adorazione di altri dei, la fabbricazione di idoli e la venerazione di immagini di esseri celesti, terrestri o acquatici. Dio si descrive come “un Dio geloso“, che punisce l’iniquità fino alla terza o quarta generazione, ma che mostra favore fino a mille generazioni a coloro che lo amano e rispettano i suoi comandamenti.
Il testo prosegue con il divieto di pronunciare invano il nome del Signore e l’obbligo di osservare il sabato come giorno sacro, in ricordo della creazione del mondo in sei giorni e del riposo di Dio nel settimo. Viene quindi comandato di onorare il padre e la madre, per poter vivere a lungo nella terra promessa da Dio.
Seguono i comandamenti morali fondamentali: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso contro il prossimo, e non desiderare né la casa, né la moglie, né i beni del prossimo.
Questi precetti, nella loro formulazione, hanno influenzato profondamente le tradizioni religiose e morali delle società che si sono basate su di essi.
Deuteronomio 5,6-21
Nel libro del Deuteronomio, capitolo 5, versetti 6-21, si trova uno dei passaggi centrali della Bibbia, in cui Dio, attraverso Mosè, riafferma il patto con il popolo di Israele e ribadisce i Dieci Comandamenti, che rappresentano la base morale e religiosa dell’alleanza tra Dio e il suo popolo.
Dio inizia ricordando la sua identità e ciò che ha fatto per il popolo di Israele: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione servile“. È un richiamo al potere liberatorio di Dio, che ha salvato gli israeliti dalla schiavitù in Egitto, mettendo così in evidenza l’importanza della fedeltà a Lui.
Dio prosegue ordinando di non avere altri dèi al di fuori di Lui. “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù in cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra“. Si vieta il culto di qualsiasi immagine o idolo, sottolineando la gelosia di Dio verso i falsi dèi e il culto delle immagini create dagli uomini. Egli si descrive come un Dio geloso, che punisce l’infedeltà fino alla terza e quarta generazione, ma che usa misericordia per mille generazioni verso coloro che lo amano e rispettano i suoi comandamenti.
Un altro comandamento fondamentale è quello di non pronunciare invano il nome di Dio. “Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio“, un richiamo al rispetto e alla sacralità del nome di Dio, da non usare con leggerezza o falsità.
Segue il comando di osservare il giorno di sabato, un giorno sacro, di riposo dedicato al Signore. Il popolo è invitato a lavorare sei giorni, ma il settimo giorno, il sabato, deve essere riservato al riposo per tutti: non solo per le persone, ma anche per gli animali e gli stranieri che vivono nel territorio. Dio ricorda al popolo che anche loro sono stati schiavi in Egitto e che proprio grazie alla Sua potenza sono stati liberati, motivo per cui devono rispettare il giorno di riposo.
Dio comanda poi di onorare il padre e la madre, affinché la vita dei fedeli sia lunga e prospera nel paese che Dio stesso ha donato loro. È un invito a rispettare le figure genitoriali come fonte di benedizione e di stabilità.
I successivi comandamenti riguardano i rapporti con gli altri. “Non uccidere” è un comando chiaro e assoluto contro la violenza e l’omicidio. “Non commettere adulterio” vieta ogni infedeltà coniugale, mentre “non rubare” difende la proprietà altrui. Il comandamento “non pronunciare falsa testimonianza” ordina di evitare la menzogna, soprattutto nelle questioni legali, per garantire la giustizia.
Gli ultimi due comandamenti riguardano il desiderio e l’invidia verso ciò che appartiene agli altri. Dio ordina di non desiderare né la moglie del prossimo né i suoi beni, come la casa, il campo o gli animali. Questo mette in evidenza l’importanza del rispetto per i beni e le relazioni degli altri, e la necessità di evitare ogni forma di cupidigia.
I Dieci Comandamenti rappresentano non solo un codice morale per il popolo di Israele, ma un modello di vita che invita alla giustizia, alla fedeltà e al rispetto verso Dio e verso gli altri.
Non avrai altro Dio all’infuori di me.
Non nominare il nome di Dio invano.
Ricordati di santificare le feste.
Onora il padre e la madre.
Non uccidere.
Non commettere atti impuri.
Non rubare.
Non dire falsa testimonianza.
Non desiderare la donna d’altri.
Non desiderare la roba d’altri.
Interpretazioni dei dieci comandamenti nell’esegesi ebraica
Nell’esegesi ebraica, i Dieci Comandamenti occupano un posto centrale nella teologia dell’alleanza tra Dio e il popolo d’Israele. Si ritiene che questi comandamenti siano stati scritti su due Tavole della Legge: la prima contenente quelli relativi al rapporto tra l’uomo e Dio, la seconda riguardante le relazioni tra gli uomini. L’esegesi ebraica stabilisce un legame tra i comandamenti delle due Tavole, evidenziando corrispondenze tra i primi cinque e gli ultimi cinque. Per esempio, il quinto comandamento, che invita a onorare i genitori, è visto come collegato alla fede in Dio, poiché i genitori sono strumenti attraverso i quali si realizza la discendenza, e secondo la Qabbalah, essi sono ispirati nella scelta dei nomi dei figli.
Secondo la tradizione ebraica, i primi due comandamenti furono ascoltati direttamente dal popolo ebraico dalla “bocca” di Dio, mentre i restanti otto furono trasmessi tramite Mosè. Questo si riflette nel fatto che nei primi due comandamenti si utilizza la seconda persona per rivolgersi direttamente agli Ebrei, mentre nei successivi si impiega la terza persona per riferirsi a Dio, a indicare la mediazione di Mosè.
La Torah riporta due versioni dei Dieci Comandamenti, entrambi ricevuti da Mosè e impartiti al popolo. Questi comandamenti, oltre a essere una sintesi dei 613 precetti della Torah, includono simbolicamente anche i sette precetti noachici. Complessivamente, le lettere ebraiche che compongono i Dieci Comandamenti sono 620, un numero che richiama l’integrità dei precetti. Sia le prime Tavole, rotte da Mosè, sia le seconde Tavole, contenute nell’Arca dell’Alleanza, hanno un profondo significato per l’ebraismo.
Le prime Tavole vennero date a Mosè nel giorno di Shavuot, mentre le seconde, dopo l’espiazione e il perdono divino, furono ricevute a Yom Kippur, il giorno della Teshuvah. Le seconde Tavole contengono 17 parole in più rispetto alle prime, e il valore numerico di 17 in Ghimatriah corrisponde alla parola “tov“, che significa “bene“. Un particolare interessante è che la parola ebraica per “incise“, Charut, può essere letta anche come “Cherut“, che significa “libertà“, a indicare che la Torah non solo libera dalla morte, ma anche dalla schiavitù alle nazioni.
Secondo l’insegnamento di Rashi, Dio pronunciò tutti i Dieci Comandamenti in un’unica espressione, e solo successivamente essi furono rivelati uno per uno. La divisione dei comandamenti nelle due Tavole rappresenta anche una simbologia duale tra Cielo e Terra, sposo e sposa, Torah scritta e Torah orale. Un altro miracolo che accompagnò le Tavole fu che i comandamenti incisi potevano essere letti sia dalla parte frontale che dal retro delle Tavole, mantenendo lo stesso significato. Le lettere ebraiche con spazi vuoti, come la “samech“, rimasero miracolosamente sospese nella pietra.
La pietra delle Tavole era considerata preziosa, tanto che Mosè, se ne avesse fatto uso per denaro, sarebbe potuto diventare l’uomo più ricco. Tuttavia, l’uso delle Tavole fu esclusivamente sacro. Alcuni commentatori affermano che la pietra fosse di zaffiro. Le prime Tavole furono forgiate da Dio, mentre Mosè scolpì le seconde. Secondo la tradizione, le Tavole e la loro scrittura furono create da Dio al crepuscolo del primo Shabbat, durante i giorni della Creazione. I Dieci Comandamenti corrispondono anche alle Dieci Espressioni con cui Dio creò il mondo, come “sia luce” o “ci sia un firmamento“, indicando che anche la Creazione avvenne tramite la Parola divina.
Secondo la tradizione rabbinica, tutti gli Ebrei, comprese le anime di quelli non ancora nati, erano presenti al Monte Sinai durante la rivelazione dei Comandamenti. Ogni volta che Dio proclamava un comandamento, l’anima degli Ebrei presenti lasciava temporaneamente il corpo, incapace di sostenere la grandiosità della rivelazione, per poi tornare e rianimare i loro corpi. Questo avveniva per ogni comandamento.
Infine, il Talmud riporta una storia su Rabbi Akiva, il quale, all’inizio del suo percorso di apprendimento della Torah, a quarant’anni, osservò che se l’acqua, goccia dopo goccia, è in grado di scavare una pietra, anche lo studio della Torah avrebbe potuto trasformare il suo cuore, rendendolo più puro e santo.
Suddivisione secondo le confessioni religiose
Esistono differenze nella suddivisione dei comandamenti tra le varie tradizioni religiose. Queste differenze si concentrano principalmente tra il primo e il secondo comandamento, e tra il nono e il decimo.
Per l’ebraismo, la Chiesa ortodossa e le chiese evangeliche, escluse quelle luterane, il divieto di creare immagini di Dio e di prostrarsi di fronte a esse o adorarle viene separato dal primo comandamento, costituendo un comandamento a sé stante, il secondo. In queste tradizioni, inoltre, il decimo comandamento, che vieta di desiderare la donna altrui, è unito al divieto di desiderare le altre cose o gli animali del prossimo.
Al contrario, la Chiesa cattolica latina e il luteranesimo, seguendo la tradizione di Sant’Agostino e il testo del Deuteronomio piuttosto che quello dell’Esodo, considerano il divieto di fare immagini parte del primo comandamento. Invece, il divieto di desiderare la moglie altrui viene separato da quello di desiderare i beni altrui, per dare maggiore importanza alla donna rispetto alle altre “proprietà” del prossimo. Anche nella versione protestante, come in quella ebraica, il primo comandamento comprende una premessa che identifica Dio come il liberatore del popolo ebraico dalla schiavitù in Egitto.
Queste differenze portano a una suddivisione diversa tra le varie Chiese ortodosse e quelle riformate. Secondo gli studiosi della Bibbia interconfessionale TOB, il modo più fedele di suddividere il Decalogo è quello che segue la numerazione dei versetti in questo modo: “3; 4-6; 7; 8-11; 12; 13; 14; 15; 16; 17“. Questo metodo è quello utilizzato dagli ortodossi e dai riformati.
Nella tradizione ebraica originale, seguendo il testo dell’Esodo, i comandamenti vengono riportati in questo modo:
«Io sono il Signore tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla casa della schiavitù. Non avrai altri dèi di fronte a me. Non farti alcuna scultura, né immagine di quanto esiste in cielo, sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non prostrarti davanti a loro e non adorarle, poiché Io, il Signore tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e quarta generazione di coloro che mi odiano, ma che uso bontà fino alla millesima generazione per coloro che mi amano e osservano i miei comandamenti.
Non pronunciare il nome del Signore tuo Dio invano, poiché il Signore non lascerà impunito chi pronuncerà il suo nome invano.
Ricordati del giorno del Sabato per santificarlo. Lavorerai per sei giorni, ma il settimo sarà giorno di riposo, dedicato al Signore tuo Dio. In esso non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora nelle tue città. Poiché in sei giorni il Signore creò il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che essi contengono, e nel settimo giorno si riposò. Per questo il Signore ha benedetto il giorno del Sabato e lo ha santificato.
Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano lunghi sulla terra che il Signore tuo Dio ti dà.
Non uccidere.
Non commettere adulterio.
Non rubare.
Non fare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desiderare la casa del tuo prossimo; non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo»
Suddivisione secondo la tradizione cattolica (seguendo il testo del Deuteronomio)
Io sono il Signore, tuo Dio… Non avere altri dèi di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine… Non ti prostrerai davanti a quelle cose…
Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio…
Osserva il giorno di sabato per santificarlo… (poi trasformato in “ricordati di santificare le feste”).
Onora tuo padre e tua madre…
Non uccidere.
Non commettere adulterio (poi trasformato in “non commettere atti impuri”).
Non rubare.
Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.
Non desiderare la moglie del tuo prossimo.
Non desiderare la casa del tuo prossimo… né alcuna delle cose che sono del tuo prossimo.
Interpretazioni dei dieci comandamenti nel cristianesimo
I dieci comandamenti, che sono considerati fondamentali anche nel Cristianesimo, sono diversi dalla legge mosaica, la quale comprende 613 precetti o “mitzvòt”. I dieci comandamenti sono stati ritenuti essenziali perché sono stati dati direttamente da Dio e hanno un valore morale significativo. Tuttavia, la loro interpretazione può variare. Non vengono interpretati sempre alla lettera, ma piuttosto alla luce di un aggiornamento che si basa sugli insegnamenti evangelici.
Per esempio, la proibizione riguardante le immagini non si riferisce tanto alle immagini in sé, quanto agli idoli. Di conseguenza, il secondo comandamento è spesso unito al primo. Nel settimo secolo, ci furono dibattiti nella Chiesa orientale in relazione all’affermarsi dell’islamismo nel vicino Oriente. Si discuteva della questione iconoclasta, ovvero se fosse lecito costruire o mantenere immagini dei santi nelle chiese e se fosse giusto venerarle. Questa disputa fu risolta affermativamente dalla Chiesa nell’ottavo secolo, sebbene con alcune differenze tra Oriente e Occidente. Tuttavia, risorse di nuovo nel sedicesimo secolo in Occidente con la Riforma protestante, a causa della diversa interpretazione del secondo comandamento, che veniva letta in modo più letterale e senza aggiornamenti.
Inoltre, il giorno festivo non è indicato come sabato ma come domenica, tranne per alcune congregazioni riformate che osservano il sabato. Anche il nono comandamento, sebbene separato dal decimo per le ragioni già menzionate, assume un significato diverso rispetto al contesto originale.
Per la dottrina ortodossa e cattolica, i dieci comandamenti rimangono vincolanti sempre e in ogni occasione. Pertanto, una persona che viola uno di questi comandamenti con piena consapevolezza e deliberato consenso commette peccato mortale. Nei Vangeli, i dieci comandamenti vengono riassunti da Cristo in due principi fondamentali: l’amore totale verso Dio e l’amore del prossimo come sé stessi. Inoltre, questi principi vengono rielaborati nelle beatitudini evangeliche.
Versione diffusa nel mondo cattolico
Per quanto riguarda la versione dei dieci comandamenti diffusa nel mondo cattolico, esistono diverse versioni anche se l’originale ebraico è presente nelle Bibbie cristiane. Tra queste versioni vi è una ridotta che ha lo scopo di facilitare la memorizzazione per coloro che ricevono la catechesi.
La versione più comune è conosciuta come “Formula catechistica” ed è la seguente:
«Io sono il Signore tuo Dio:
1. Non avrai altro Dio fuori di me.
2. Non nominare il nome di Dio invano.
3. Ricordati di santificare le feste.
4. Onora tuo padre e tua madre.
5. Non uccidere.
6. Non commettere atti impuri.
7. Non rubare.
8. Non dire falsa testimonianza.
9. Non desiderare la donna d’altri.
10. Non desiderare la roba d’altri.»